IL VERSANTE SBAGLIATO
DEL MONT VENTOUX
Dicevano che somigliasse alla Luna.
Grandi
spazi bianchi e desolazione, quasi un deserto di pietre,
l’aria rarefatta se non fosse per le violente folate di
maestrale. Non a caso all’inizio del millennio ci ha
lasciato l’orma un americano di nome Armstrong dopo una
avvincente battaglia con un altro grande ciclista,
l’italiano Pantani: sul traguardo il primo ha smesso di
pedalare, poi ha spiegato di averlo fatto apposta, per
lui contava solo la maglia gialla, ed è nata l’ennesima
grande inimicizia sui pedali. Avversari irriducibili dal
destino maledetto: anni dopo uno è stato squalificato a
vita per doping, l’altro era già morto per un’overdose
in un residence della Romagna.
Ma intanto dov’è la Luna? Mentre la strada sale verso
il Ventoux, il “monte ventoso” (Petrarca dixit, molti
secoli prima), o se si preferisce il “monte calvo”, è un
esplosione di natura lussureggiante. Grandi boschi ai
lati della strada e un bel fresco, anche in piena
estate. Nella flora si segnala addirittura il papavero
di Islanda. E sullo sfondo – è pur sempre Provenza – i
soliti campi di lavanda. Tutt’altro scenario rispetto a
quello che rimandano le immagini della tv in bianco e
nero di una calda estate 54 anni fa.
Si vede il ciclista
in maglia bianca che boccheggia, barcolla, zigzaga, a
sinistra e poi a destra, infine perde l’equilibrio e
stramazza ai bordi della strada dove le pietre sono
bianchissime. Era Tommy Simpson, ucciso pare da un mix
di anfetamine e alcol ancora più micidiali nel clima
torrido di quel luglio. Era stato nominato baronetto
dopo la vittoria di un Mondiale, all’epoca il ciclismo
era uno sport per matti in Inghilterra, mica come
adesso, con i sei Tour de France consecutivi vinti da
inglesi, Wiggins, quattro volte Froome e Thomas, e anche
l’ultimo Giro d’Italia conquistato da Teo Geoghegan
Hart, l’inglese dal nome impronunciabile.
Se non altro la fama di salita dura, mozzafiato, è
rispettata. Da Bedoin, versante sud, sono quasi 23
chilometri di ascesa, con una pendenza media del 7, 5
per cento e punte superiori al dieci-dodici. Da
Malaucen, versante ovest, una salita a scaglioni, i
chilometri sono ventuno e le pendenze ancora più dure.
C’è anche un’altra possibilità da De Sault, 25
chilometri in tutto, la parte iniziale è più agevole,
poi si ricollega col tragitto di Bedoin all’altezza
dello Chalet Reynard e lì iniziano i dolori. Meglio
rifornirsi di tanta acqua e anche di zuccheri, magari
una banana, nella sosta obbligata a Carpentras, ormai
diventato il paese delle biciclette, l’ultimo avamposto
prima della mitica ascesa.
Sulla strada è una processione in bicicletta,
amatori di tutte le età, molte le ragazze. Ci sono
due tipologie di ciclisti del Ventoux, come ormai in
tutte le strade e le salite d’Europa: i solitari e i
gruppi. I primi solitamente sono più lenti e magari
riflessivi, la fatica gliela leggi subito in viso,
vorrebbero godersi meglio il paesaggio ma
l’”impresa” richiede tutta la concentrazione.
Dei
gruppi invece fanno parte ciclisti più
“professionali”, sono più bravi e veloci,
l’abbigliamento è più curato, li senti scherzare tra
loro, scommettere, raccontarsi altre imprese e la
fatica la nascondono bene. Meglio lasciarli andare,
non cercare di stargli dietro, il rischio di andare
“fuori giri” è altissimo. Anzi, ogni tanto, è
consigliabile una breve sosta per riprendere fiato,
magari con la scusa di controllare i copertoni o il
cambio. Nessun problema se ti passa uno che ha dieci
anni o quindici anni di più, basta dirsi che fa
ciclismo da una vita, e comunque meglio non fare
troppo gli orgogliosi perché la salita non perdona.
Soprattutto adesso che comincia a somigliare davvero
alla Luna e le pendenze sono più dure e “cattive”, come
dicono in gergo. Negli ultimi chilometri aspetti i
tornanti per riprendere fiato, ma c’è poco da rifiatare,
la salita è ripida e bianca, qualche escursionista si
ferma ai lati a fare foto, sì è una meraviglia ma lo
sarà ancora di più quando tutto sarà finito. In cima ai
1912 metri della montagna di Petrarca, svetta una
costruzione, ovviamente bianca, l’Osservatorio
astronomico. Ma che fine ha fatto la stele di Simpson,
il piccolo monumento di pietre e copertoni di ruote,
diventato luogo di pellegrinaggio degli appassionati? La
salita è stata affrontata dal versante “sbagliato”,
ormai si potrà ammirare solo in discesa…
Bisognerà tornare prima o poi, dalla parte giusta.
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